I servizi aggiuntivi a pagamento, come oroscopi o meteo, vengono spesso attivati involontariamente sulle proprie SIM, se non bloccati in anticipo dal proprio gestore.
Negli ultimi giorni però, come trattato da Corriere.it, l’hub di Pure Bros Mobile spa con sede a Roma è indagato per attivazione indebita di abbonamenti ai contenuti DigitApp.
In particolare la società romana è stata contestata da un operatore telefonico, ma ha risposto, con una querela portata avanti dall’avvocato Giampiero Biancolella, sostenendo di essere in realtà costretta dal medesimo gestore ad un calo forzato degli abbonamenti.
Tutto ciò perché l’hub di servizi digitali rifiuta di avvalersi delle società di pubblicità raccomandate con molta insistenza dall’operatore.
Quest’ultimo si dichiara inoltre vittima di un attacco informatico, ma Pure Bros Mobile, come replica l’avvocato Paolo Galdieri, si dichiara estranea ai fatti. In realtà l’hub romano è stato preso di mira dalla Polizia Postale già dal 2019.
Oltre ad indagare su una serie di abbonamenti fraudolenti, il pool del procuratore aggiunto Eugenio Fusco investiga dunque anche su un probabile reato di cyber security, con un sequestro preventivo di 4,2 milioni di euro, di 3,9 milioni di euro e di 4,1 milioni di euro ottenuto dalla gip Stefania Nobile.
In totale la Procura di Milano ha confiscato circa 12 milioni di euro ad alcune società che operano nel settore del Content Service Provider per evitare che questi ricadano nelle mani di un’azienda di contenuti con sede a Dubai che reclamava di essere retribuita da Pure Bros spa e Pure Content Mobile srl.
I presunti pagamenti dovuti ai fornitori dubaiani, difesi dagli avvocati Giampaolo Del Sasso e Matteo Uslenghi, si riferiscono a servizi aggiuntivi frutto di indebite attivazioni erogate, fino al 30 Ottobre 2019, a clienti degli operatori di telefonia mobile (ex) Wind, Tim e Vodafone.
Le aziende CSP sono società che producono e commercializzano servizi a valore aggiunto (VAS), in teoria previa richiesta di abbonamento dell’utente.
In realtà, in molti casi, la domanda di attivazione viene formalizzata tramite click su un banner pubblicitario o su un collegamento ipertestuale, oltre a modalità quali l’invio di un SMS.
Questi abbonamenti con i relativi addebiti dei pagamenti da parte delle compagnie telefoniche vengono poi gestiti da piattaforme specializzate di aziende tecnologiche dette Hub.
Per quanto riguarda l’aspetto lucrativo si sottolinea che la compagnia telefonica trattiene tra il 40 e il 50% del prezzo pagato dal cliente per il servizio, l’hub tecnologico tra il 5 e il 7%, il resto va ai produttori dei contenuti (DigitApp nel caso di Pure Bros). A titolo esemplificativo, da un euro speso per l’abbonamento ad uno dei servizi aggiuntivi (spesso erroneamente richiesti), all’operatore vanno dai 40 ai 50 centesimi di euro.
In dettaglio emerge che Pure Bros Mobile spa fa l’hub tecnologico per WindTre, mentre Pure Content Mobile srl per Vodafone.
L’ipotesi di attivazioni fraudolente non compliant sostenuta anche nel fascicolo del pm Francesco Cajani, è dovuto all’abbonamento ai servizi aggiuntivi su SIM Machine to Machine, ovvero quelle SIM impiegate nel mondo della robotica e dell’IoT e che consentono il trasferimento automatico di dati tra due dispositivi.
Infatti risulta essere improbabile una richiesta volontaria di abbonamento ai contenuti extra da parte delle suddette SIM.
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