Dopo il grande boom degli anni ’80 e ’90, per via della grande diffusione del compact disc, intorno al 2000 le musicassette sono cadute inevitabilmente in disuso. I dati delle vendite, però, fanno pensare ad un ritorno in auge, similmente a quando accaduto per i dischi in vinile che negli ultimi anni hanno fatto registrare una non irrilevante crescita della domanda.
La musicassetta, nata nei primi anni ’60 (per la precisione sviluppata nel 1962 e brevettata ufficialmente l’anno seguente dalla Philips con il nome di Compact Cassette), nota a tutti anche come “cassetta a nastro” o “cassetta“, consiste in un aggeggio dotato di memoria magnetica capace di memorizza dati ed informazioni in sequenza su un nastro magnetico.
La musicassetta è principalmente caratterizzata da due bobine (destra e sinistra), protette da una copertura plastica, intorno alla quale è avvolto il nastro, attraverso spinotti di fissaggio dedicati.
Il funzionamento prevede che questa venga inserita all’interno di un apposito lettore, dove il nastro viene a contatto con una testina capace di convertire il segnale magnetico in elettrico e quindi in suono.
Inizialmente si trattava di un semplice nastro magnetico posto all’interno di un rivestimento plastico a scopo protettivo, la cui quantità di tracce registrabili scaturiva dalle testine del registratore utilizzato.
Dopo il brevetto Philips del ’63, in concomitanza con la sua produzione di massa del 1965, le varie case discografiche iniziarono a pubblicarvi album aprendo le porte al mercato della vendita di nastri pre-registrati.
Semplicità di utilizzo, poliedricità, comodità, possibilità di duplicazione e basso prezzo, furono i principali fattori che ne condizionarono la colossale diffusione. La musicassetta infatti poteva essere utilizzatan(per registrazione e riproduzione) nel settore discografico, in quello giornalistico ed in quello privato. Tutto ciò la rese uno dei dispositivi più desiderati dalla collettività, soprattutto per quanto riguarda la riproduzione musicale in automobile.
Ad incrementarne e sancirne definitivamente la capillare diffusione a livello mondiale fu poi Sony con la produzione del cosiddetto “Walkman“. Commercializzato a partire dal 1979 e non più in produzione dal 2010 (almeno per quanto concerne l’azienda giapponese), esso permetteva alla gente di ascoltare la musica ovunque si trovasse attraverso l’utilizzo di cuffie audio.
Nel corso degli anni, come accade per ogni tecnologia che si rispetti, sono state integrate delle novità per rendere la musicassetta sempre più performante e al passo con i tempi. Si pensi al susseguirsi di nastri: tradizionale, al cromo, al ferrocromo e al più pregiato “metal”.
Poi con l’avvento del CD e successivamente di lettori mp3 e masterizzatori DVD, si verificò un graduale abbandono di questa tecnologia che per molti anni caratterizzò la quotidianità di giovani e meno giovani, amanti della musica sopratutto. Anche molte case discografiche virarono su altre tecnologie sancendo la fine delle musicassette.
In realtà queste vennero ancora prodotte da qualche produttore per alcuni anni a seguire, ed oggi è ancora possibile acquistarle sul web o presso qualche negozio più attrezzato. Esistono infatti aziende che continuano a produrle, anche se in ristrette quantità.
Tuttavia sembrerebbe che qualcosa si stia muovendo: secondo quanto riportato da “The Official Charts Company” (OCC) infatti, sarebbe arrivato per molti il momento di rispolverare il tanto amato registratore radio a cassette. Sarebbero oltre 65.000, le cassette acquistate dal grande pubblico britannico durante la prima metà del 2020.
Un aumento del 103% rispetto allo stesso periodo del 2019. Se il trend a rialzo si dovesse confermare, entro fine anno le vendite di cassette nel solo Regno Unito, potrebbero superare il tetto delle 100.000 unità, per la prima volta dal 2003.
Sempre secondo “The Official Charts Company“, le più vendute, appartenenti al genere pop, sono state “Calm” di 5 Seconds of Summer e “Chromatica” di Lady Gaga. Nella top five anche The 1975, Selena Gomez e Dua Lipa.
Trattasi di numeri ancora piuttosto bassi, sopratutto se paragonati alle esorbitanti cifre registrate dagli attuali formati digitali più in voga al momento, tra tutti lo streaming.
E’ comunque un segnale incoraggiante per coloro che amano il vintage e che sarebbero felici di avere nuovamente a che fare con un tecnologia del passato tanto affascinante.
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